Il momento di promuovere il vero smart working è arrivato: con approcci e strumenti gestionali mirati, i consulenti del lavoro possono offrire nuovi e più competitivi modelli di servizio.
Esattamente un anno fa lo smart working era uno strumento poco conosciuto in Italia, e ancor meno implementato. Nei primissimi giorni di emergenza sanitaria tante aziende preferivano ricorrere a politiche e strumenti diversi, ad esempio le ferie obbligatorie per i propri dipendenti.
Presto, però, ci si è resi conto che il lavoro agile poteva essere lo strumento migliore per mantenere la produttività delle aziende nonostante la crisi sanitaria e i relativi divieti: da quel momento i “lavoratori agili” italiani si sono moltiplicati, facendo del lavoro da remoto un paradigma sempre più centrale nell’economia del Paese.
Guardando ai dati Istat scopriamo che in Italia, durante il lockdown della primavera 2020, hanno adottato forme di lavoro flessibile il 90% delle grandi imprese, il 73% delle medie imprese, il 37% delle piccole imprese ed il 18% delle microimprese. A fronte della grande diffusione del lavoro agile, però, non abbiamo assistito ad un parallelo sviluppo e aggiornamento della relativa regolamentazione.
Ma lo scenario è irrimediabilmente destinato a cambiare e i consulenti del lavoro dovranno farsi trovare pronti a interpretare correttamente questo delicato frangente, con nuovi e aggiornati servizi per affiancare al meglio le aziende clienti.
Lo smart working dalle prossime settimane
Come ha spiegato il Presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, in un articolo del 19 gennaio 2021 pubblicato su Corriere.it, “è necessario introdurre quanto prima una regolamentazione più chiara e trasparente di questa forma di flessibilità”, scongiurando il rischio che tale strumento dalle grandi potenzialità venga confuso con il tele-lavoro e si riduca al lavoro da casa. E ancora, sottolinea De Luca, sono necessari “un cambiamento di mentalità e un’organizzazione produttiva fortemente innovativa per massimizzarne gli effetti”.
Attualmente, stando al decreto Milleproroghe, la formula semplificata per accedere allo smart working è prevista fino al 31 marzo. Dopo questa data, in assenza di ulteriori proroghe, i dipendenti dovranno tornare in ufficio. Oppure, per continuare a lavorare da remoto, si dovranno stipulare accordi tra azienda e singoli lavoratori, attraverso cui fissare le modalità di esecuzione delle attività lavorative all’esterno delle sedi aziendali.
Gli accordi dovranno affrontare svariati temi, dalle tempistiche del lavoro ai tempi di riposo, dal diritto di disconnessione al potere direttivo da parte dell’azienda, seguendo quanto precisato nella legge n. 81/2017. A questo punto, però, dopo quasi 12 mesi di lavoro da remoto in forma emergenziale, sembra arrivato davvero il momento di promuovere il vero smart working. E questo – come sanno bene i consulenti del lavoro – necessita di approcci e di strumenti gestionali mirati.
Il consulente del lavoro può fare la differenza
In questo delicato momento storico, in cui lo smart working è emerso come una priorità per le aziende a fronte di una regolamentazione tutt’altro che idonea, il ruolo dei consulenti del lavoro diventa più centrale che mai.
Gli studi possono cogliere questa opportunità per affiancare le aziende e proporre nuovi servizi specifici. Per aiutare i professionisti del lavoro a fare questo passo importante, Zucchetti mette a disposizione degli studi il servizio HR Service Consulting, per ottimizzare i processi in modo flessibile e sviluppare l’offerta di studio con nuovi modelli di servizio, per proporre una consulenza sempre più competitiva e a valore aggiunto.
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